na sorta di esigenza interiore spinge l’artista Mario Fiaschetti a cimentarsi con i metalli che esprimono sicuramente lati più reconditi del proprio sub inconscio. Le sue opere compositive, passando dallo stato “vivo” dei materiali alla materia corrosa, acquisiscono le tonalità che evocano un’epoca di sacralità arcaica; l’intento dell’artista è quello di assoggettare le opere alle intemperie, accelerandone così l’ossidazione (la patina di ruggine) in modo da esaltare la vera essenza del materiale ferroso e ampliandone i propri contenuti e riferimenti culturali.

L’inventiva di artista spontaneo rivela una gioia e una forza vitale quando interviene con gli smalti colorati, con il “dripping” sulle superfici metalliche. ­­Il rigoroso spirito geometrico lo porta a prediligere le forme triangolari in sintonia con il ritmo interno delle proprie pulsioni, in cui ogni singola forma tende all’essenzialità come si osserva anche nelle opere di Arnaldo Pomodoro. Inoltre, riprende decisamente gli echi del periodo cubista, del futurismo e dell’informale. Mentre la pittura di Fiaschetti non è, in assoluto, né astratta né figurativa, egli si discosta…

«I miei occhi. Ricordo la prima volta che li vidi e capii che gli occhi sono specchi che riflettono il creato. Attraverso gli occhi un’infinita sequenza di immagini, colori, figure, ricordi si fissa una dopo l’altra nella nostra mente. Dal libro della nostra memoria, l’immaginazione prende quello che le serve e gli da nuova vita nell’atto creativo cosi la cenere torna fuoco.» ⸻ Dante Alighieri

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